Il Negroamaro protagonista indiscusso dell’enologia di qualità

Il Negroamaro protagonista indiscusso dell’enologia di qualità

Il Negroamaro protagonista indiscusso dell’enologia di qualità

Da umile vino da taglio utilizzato per dare corpo alle bottiglie di altre aree, il Negroamaro oggi è protagonista indiscusso dell’enologia di qualità. Dai rosati ai rossi più corposi, alle bollicine, mille tonalità che rivelano una infinita capacità vinificatoria che questo vitigno può esprimere con risultati eccellenti.

Il Negroamaro ha incarnato il senso più autentico di un processo che ha saputo rilanciare un patrimonio inestimabile di valori quali maggiore attenzione alla qualità, sperimentazione, ottime strategie di marketing, riappropriazione di un legame identitario fino a poco fa sconosciuto, valorizzazione dei vitigni autoctoni.
Il vino oggi è divenuto un ottimo strumento di marketing territoriale del quale il Negroamaro è un formidabile alleato.

Da quando viene praticata la coltivazione del negroamaro in Puglia?

Le ricerche storiche e di archeobotanica hanno dimostrato che la coltivazione della vite era praticata nel Salento già prima dell’insediamento dei Fenici (2000 a.C.). Nuovi vitigni giunsero con l’arrivo dei coloni greci che, avendo trovato nella Magna Grecia un clima mite e una terra simile a quella della madrepatria, svilupparono ulteriormente le tecniche di coltivazione e di vinificazione.
Si pensa che un antenato del negroamaro, proveniente dall’Illiria o dalla Grecia, sia stato portato in Puglia dagli antichi greci intorno all’VIII-VII secolo a.C., anche se non ci sono riscontri documentali e prove certe, né tantomeno un vitigno simile in quei territori.
L’occupazione romana trovò nel Salento vini eccellenti e persino dopo la caduta dell’Impero romano lo sviluppo viticolo della regione non si arrestò del tutto, anche se dovette fare i conti con le devastazioni causate dalle invasioni barbariche.
La rinascita ebbe inizio nell’VIII-IX secolo con l’arrivo dei bizantini e dei monaci basilani, che usavano coltivare la vite in consociazione con l’ulivo. Nei secoli successivi i porti pugliesi ebbero grande importanza per l’esportazione di olio e di vino verso il Medio Oriente, la Francia e le città italiane. Nel ‘600 il Salento diventò la cantina d’Europa.

Da dove deriva il nome negroamaro?

Sulla base della letteratura, della tradizione e della documentazione storica esistente, il grande numero di sinonimi con cui quest’uva era conosciuta nell’Ottocento starebbe in qualche modo a confermare la sua origine antica.
Il nome nero amaro appare sulla scena nella seconda metà dell’Ottocento e lo fa nel Salento, dove tale varietà era molto diffusa e chiamata precedentemente lagrima o lacrima. Entrambi i nomi, lagrima e nero amaro, sembrano essere stati coniati per definire alcune caratteristiche dell’uva utilizzabili nella trasformazione in vino.
Il negroamaro, talora scritto anche negro amaro, nero amaro, negramaro e nigramaro, secondo alcuni deriverebbe da due parole, una latina (niger) e l’altra greca (mauros), che indicano entrambe il colore nero, caratteristico sia della buccia dell’uva sia del vino che ne derivava.

Dove veniva maggiormente esportato il vino Negroamaro?

Nel XIX secolo le vendite di vino da taglio furono indirizzate inizialmente verso Napoli e, subito dopo l’Unità d’Italia, verso il mercato settentrionale, dove molti mediatori acquistavano grandi quantitativi di vini pugliesi. In una fase successiva furono i francesi i maggiori compratori. Sul finire dell’800 la Puglia divenne la principale esportatrice di vini d’Italia. Anche per questo dopo la metà del XIX secolo sorsero moderni impianti per la pigiatura delle uve e la vinificazione in prossimità della ferrovia per agevolare gli scambi commerciali.
Nel tempo però il Negroamaro è stato più volte determinato da periodi di crisi. Successivamente, supportati dal riconoscimento delle denominazioni di origine, fu favorita la crescita della qualità e iniziarono a sottrarre i vini del Salento dall’anonimato.

Dove viene maggiormente coltivato il negroamaro?

Dal 1970 il negroamaro è iscritto nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite con codice n. 163 e la sua coltivazione è autorizzata nelle province di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto.
Il negroamaro è attualmente l’uva a bacca nera più coltivata in Puglia e l’ottava varietà più diffusa in Italia.
Il suo territorio di elezione è senza ombra di dubbio il Salento, dove esistono le condizioni pedoclimatiche ideali per la massima espressione di questa varietà.
Il miglior modo per puntare a prodotti di pregio è quello di partire da uve di qualità, sane e mature al punto giusto, con bucce ricche di polifenoli e che abbiano goduto di un’ottimale esposizione ai raggi solari.
Particolare attenzione deve essere riservata alla scelta del suolo e dell’esposizione, a quella del portainnesto e del biotipo, alle modalità di coltivazione, al tipo di allevamento e al numero di viti per ettaro.
Prestare alla vigna ogni cura e attenzione, con l’ausilio delle opportune competenze agronomiche, è indispensabile per portare in cantina i migliori grappoli possibili. 

Quali sono le caratteristiche del Negroamaro?

Da vitigno autoctono del Salento, intimamente legato alla terra salentina, alle sue caratteristiche pedoclimatiche, alla sua stessa storia, il Negroamaro oggi è ambasciatore in tutto il mondo della Puglia. Ne riesce a raccontare i colori e i profumi, evoca suggestioni e atmosfere, sempre più spesso accompagna la scoperta di luoghi, di tradizioni culturali e gastronomiche, di storie uniche e irripetibili.
Il negroamaro è un vitigno dotato di immenso potenziale qualitativo e di incredibile versatilità, potendo generare vini molto diversi tra loro, ma spesso eccellenti.
Le caratteristiche fondamentali che contraddistinguono il Negroamaro sono l’espressione di eleganti profumi fruttati, ma anche delicatamente floreali e speziati, la struttura salda, sostenuta da adeguata freschezza e sapidità, e da tannicità nobile e austera e, per le etichette di punta nelle grandi annate, la capacità evolve anche per più di un decennio in modo superbo.

Come viene considerato il Negroamaro nel mondo?

Diversi decenni di storia recente hanno consentito al Negroamaro di scrollarsi di dosso l’immagine del passato vino rustico, anonimo, senza etichetta e senza connotati, da taglio, da cisterna, da damigiana, da boccale e da osteria.
Negli ultimi 40 anni, infatti, i vini ottenuti da uve negroamaro hanno meritatamente conquistato un notevole prestigio, confermato da fama internazionale e innumerevoli riconoscimenti.
Il Negroamaro è diventato una stella di prima grandezza nel firmamento enografico italiano ed anche uno dei vini pugliesi maggiormente reputati e apprezzati all’estero, tanto che alcune particolari bottiglie o vecchie annate di vini rinominati sono spesso ricercate e contese.

 

Riferimenti letterari
“Negroamaro di Puglia – Il gusto nascosto”
Dr. Giuseppe Baldassare – Sommelier e Relatore AIS Puglia

 

Bottiglia di Ladislao di Cantine Barsento con cassetta di legnoAnalisi sensoriale Negroamaro Calice di vino Negroamaro